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FRUTTI DI BOSCO SURGELATI: ITALIA IN VETTA CON I 1300 CASI DI EPATITE A

Frutti di bosco surgelati: Italia in vetta con i 1300 casi di epatite A. Non consumare senza cuocere.

 

Per l’epidemia causata dai frutti di bosco contaminati dal virus dell’epatite A tra il 2013 e 2014, l’Italia ha registrato il maggior numero di casi.

berries of blackberry on the bush

L’ipotesi più verosimile riconduce a ribes rossi provenienti dalla Polonia e more prodotte in Bulgaria.La tesi viene ufficializzata in un dossier pubblicato in questi giorni dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e ripreso anche da Ministero della sanità. In Italia gli ultimi dati parlano di 1.300 casi ospedalieri notificati, anche se solo in 346 è stato possibile raccogliere un campione di sangue da analizzare presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità.

Secondo il nostro Ministero, a partire dal mese di ottobre 2013 non sono più stati identificati campioni di frutti di bosco surgelati contaminati in prodotti venduti al dettaglio, anche se l’epidemia si è protratta ancora per sei mesi con centinaia di casi. Questo fatto è dovuto probabilmente alla scarsa consapevolezza del pericolo fra i consumatori, sia per quanto riguarda i prodotti venduti al supermercato sia per i dolci serviti in bar e ristoranti.

Il focolaio dell’infezione di epatite A veicolata dai frutti di bosco non è stato individuato.

Red currant berry close up colorful fruit backgroundLa ricerca del focolaio di infezione – come riporta l’Efsa – è iniziata con l’analisi di 38 lotti di frutti di bosco provenienti da Italia e Irlanda, più ulteriori 5 lotti aggiunti all’inizio del 2014 provenienti da Francia, Norvegia e Svezia. Il lavoro ha confermato che il virus proveniva dai frutti di bosco e complesivamente sono state evidenziate 6.227 transazioni tra 1.974 operatori del settore alimentare. Una rete di questo tipo ha complicato non poco il lavoro e non ha permesso di identificare l’origine precisa del focolaio.

«Quello che siamo riusciti a fare in Italia rappresenta un buon risultato – spiega Anna Rita Ciccaglione, Direttore del Reparto Epatiti Virali dell’ Istituto Superiore di Sanità (ISS) che si è occupata delle analisi virologiche – ed il lavoro fatto nel nostro Paese è stato molto apprezzato a livello delle agenzie europee EFSA ed ECDC». Nel 66% dei campioni analizzati il virus si è rivelato appartenente all’epidemia, mentre nel restante 34% aveva altra origine. Per quanto riguarda i dati sul numero di casi nel tempo, parlano da soli: l’epidemia c’è stata, ma è sostanzialmente rientrata.

Ciò non significa che la situazione a livello europeo sia definitivamente sotto controllo. L’epidemia è stata studiata e gli epidemiologi e i virologi dell’ISS sono riusciti a individuarne la causa e ipotizzare la zona d’origine con un certo grado di precisione, ma rimane il fatto che in molti paesi, soprattutto nell’Est Europa, i sistemi di sorveglianza dovrebbero essere migliorati.

«Questo rende dunque molto difficile anche per un organismo sovranazionale come l’EFSA rintracciare con precisione l’origine di un’epidemia come questa – precisa la Ciccaglione – oltre che per gli stati che presentano casi di contaminazione.»

Il manifesto del Ministero della salute che invita a cuocere i frutti di bosco surgelati è ancora valido

In altre parole, l’aver individuato come responsabili dell’epidemia dei lotti di ribes rosso polacchi e delle more bulgare non basta. Bisognerebbe avere gli strumenti per capire prima di tutto in che modo e in che momento della filiera produttiva questi frutti di bosco si sono contaminati, per agire in maniera efficace.

«La necessità di coordinare a livello internazionale i sistemi di sorveglianza per ridurre le diseguaglianze nei diversi paesi europei – conclude Ciccaglione – sarà oggetto di discussione il prossimo mese di ottobre a Stoccolma, anche se la strada è ancora lunga e complessa». L’epidemia di epatite A causata da frutti di bosco surgelati contaminati dal virus sembra rientrata, ma il problema a livello europeo è ancora aperto e complesso da gestire, visto che secondo l’Efsa potrebbero essere ancora in circolazione lotti contaminati.

Fonte: Il fatto alimentare

 

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